Tecnologia e vita da freelance: intervista con Laura Dossena

La seconda intervista alle esperte che hanno risposto alle domande delle caviette durante il Question Time è a Laura Dossena, in arte Elledi.

Ciao Laura, grazie per aver deciso di rispondere a un po’ di domande. Ti va di presentarti?

Certo!Lavoro nel campo della traduzione professionale dal 2000, con specializzazione nella localizzazione e nell’IT, nel marketing e nella documentazione legale e finanziaria.

Sono una grande appassionata di tecnologia, per la traduzione e non solo, e utilizzo da sempre gli strumenti CAT; ho acquisito una serie di certificazioni relative a SDL Trados Studio, a memoQ e altri strumenti.

Dal 2014 tengo webinar dedicati agli strumenti CAT e all’utilizzo di memoQ; da gennaio 2017 mi dedico anche alla creazione di corsi personalizzati per traduttori, in presenza e da remoto, focalizzati sull’utilizzo di SDL Trados Studio e memoQ.

Ritengo che la tecnologia al servizio del traduttore sia uno dei fattori di differenziazione essenziali per avere successo in un settore oggi competitivo e complesso come quello dei servizi linguistici.

Dai un’occhiata al mio sito e ai miei profili social per saperne di più (e ricorda: non esistono domande stupide!).

Bene, ora raccontaci: come sei arrivata a questa professione? Ti piace lavorare da freelance?

Ci sono arrivata per caso, mentre stavo lavorando alla tesi (in Giurisprudenza, quindi niente a che vedere con la traduzione). Un’amica che faceva la traduttrice mi ha chiesto di darle una mano con un grosso incarico, sapendo che avevo famigliarità con le lingue straniere, e che me la cavavo bene con il computer (!).
Da allora non ho più smesso; e dopo la laurea, quando si è trattato di decidere se fare pratica per diventare avvocato oppure continuare a tradurre, la scelta non è stata difficile…

Nello stesso modo, non ho faticato a scegliere quando (poco dopo) un’agenzia, per cui ho lavorato in-house per un paio di mesi, mi ha offerto l’assunzione: forse in modo un po’ incosciente, ma ho rifiutato senza pensarci due volte. Non avevo nemmeno ancora aperto la partita IVA (l’ho fatto subito dopo), ma mi era chiaro che la libera professione era la strada più adatta a me. Diciamo che l’istinto mi ha ben indirizzato.

Come è cambiato il tuo modo di proporti da quando hai iniziato ad oggi? Quali sono gli elementi fondamentali secondo te per farsi scegliere da un potenziale cliente?

Ovviamente nel tempo sono diventata molto più professionale nel modo di propormi (o almeno spero!).
Nella scelta da parte del cliente entrano moltissimi elementi che non dipendono da noi (e, a volte, dei quali siamo totalmente inconsapevoli); tutto quello che possiamo (e dobbiamo) fare è gestire al meglio quello che possiamo controllare, e questo secondo me significa, appunto, proporsi sempre nel modo più professionale possibile.

Sei stata la nostra esperta di CAT e di informatica: quali sono secondo te gli strumenti indispensabili per chi lavora nel campo della traduzione?

Per me, oggi, in generale traduzione e tecnologia sono legate a doppio filo, e l’una non esiste senza l’altra. Quando mi sento dire da aspiranti traduttori (o anche da colleghi in teoria “arrivati”) che la tecnologia non fa per loro, che se potessero del computer farebbero a meno e simili, mi fa immediatamente pensare “Stai sbagliando professione”. Credo che l’idea romantica del traduttore “artigiano delle parole”, che lavora immerso nel caos dei dizionari (rigorosamente cartacei…) e per il quale il massimo della tecnologia è sovrascrivere un file di Word; ma che va immediatamente in crisi non appena quel file ha un problema anche banale, sia totalmente superata; e anzi abbia fatto (e stia ancora facendo) parecchi danni all’immagine di una professione che può e deve svecchiarsi, e progredire, anche da questo punto di vista. Non parlo solo di CAT (che ritengo imprescindibili; almeno per il traduttore tecnico, ma non solo), ma in generale del fatto che, come traduttori professionisti, oggi il nostro strumento di lavoro è il computer tanto quanto lo è la lingua; e dato che nessuno di noi (spero) si sognerebbe di mettersi a tradurre senza avere una conoscenza linguistica eccellente… beh, traete le vostre conclusioni.

Oltre ai tuoi corsi sui CAT, cosa suggerisci agli aspiranti traduttori che non hanno dimestichezza con la tecnologia?

Di fare tutto il necessario per acquisirla non appena possibile, senza perdere tempo e senza commettere l’errore madornale di considerare secondario questo aspetto.
E di investire seriamente in formazione: mettersi in testa che difficilmente saranno efficaci corsi online da un’ora, magari gratuiti e tenuti da “docenti” auto-proclamatosi tali, dalle competenze più che dubbie e comunque non verificate né verificabili. E che per ottenere risultati (banalmente), anche in relazione alla formazione la strada è una sola: metterci tempo, soldi e sforzi.

Qual è l’errore più grande che hai commesso nel tuo lavoro? E come hai affrontato questa difficoltà?

A un certo punto della mia carriera mi sono ritrovata con un flusso di lavoro costante e un fatturato in continua crescita; ho commesso l’errore di pensare che sarebbe sempre stato così, e ho praticamente smesso di fare marketing e di cercare nuovi (e migliori) clienti. Con l’arrivo della crisi economica le conseguenze si sono fatte sentire: mi sono resa conto che avevo concentrato troppa della mia attività nel rapporto con pochi clienti, per quanto buoni; il fatturato è calato notevolmente e ho rischiato di trovarmi in seria difficoltà.

Ho cercato di non farmi prendere dal panico, mi sono rimboccata le maniche e mi rimessa in gioco, non solo cercando nuovi clienti ma anche orientandomi verso segmenti dell’attività che avevo fino ad allora trascurato, come il post-editing.

Anche in questo caso la tecnologia è stata fondamentale: il fatto di saper utilizzare in modo ottimale i CAT è servito (e serve ancora oggi) non solo per differenziarmi agli occhi dei clienti, ma anche per aumentare la mia produttività e la redditività del mio lavoro.

E qual è invece l’errore più comune che vedi commettere da chi si affaccia al mondo del freelancing?

Da un lato, affrontare la professione avendo in testa l’idea romantica della traduzione di cui ho già parlato più sopra, e quindi ritenendo quindi tutti gli aspetti legati all’imprenditorialità non siano così importanti.

Dall’altro, dimenticare (o forse, voler dimenticare) che per riuscire nella traduzione, come in tante altre professioni, è necessaria una componente che nessuna quantità di impegno e di sforzi può sostituire: il talento.
È una verità sicuramente amara (e impopolare), ma non possiamo essere tutti traduttori. Non è statisticamente possibile che tutti coloro che desiderano diventare traduttori (e sono, apparentemente, tantissimi) siano anche dotati di questo talento. Trascurare di valutare in modo onesto questo aspetto, secondo me, porta con sé il rischio di sprecare moltissimo tempo e moltissimi sforzi nel cercare di intraprendere una strada che non è la nostra.

Quale consiglio spassionato vorresti dare alle caviette e agli altri aspiranti traduttori?

Abbandonare l’idea (apparentemente molto diffusa, se devo giudicare dalle mail che spesso ricevo) che esista una formula magica per avere successo come traduttori; e, in subordine, l’idea che i colleghi più esperti, che questo successo (apparentemente) l’hanno raggiunto, siano in qualche modo obbligati a svelarla alle nuove leve. Magari inalberandosi con loro quando fanno notare che l’unica formula è… essere capaci e farsi il mazzo.

E tu ti senti poco tecnologica e dopo aver letto l’intervista a Laura vorresti migliorare? Il freelance lab IN VIDEO ha la raccolta giusta per te!

 

Parlo e scrivo in tutte le lingue che conosco Bevo tè bollente a tutte le ore del giorno, in tutte le stagioni. Amo quello che faccio e lo condivido con chi vuole fare il mio stesso lavoro.