A volte, le cose belle arrivano quando meno te le aspetti, quando sei presa da scadenze, pianificazione, impegni e pesanti fardelli, ma decidi comunque di preparare la valigia e partire per una settimana. E così ho fatto!
Meta: Prali, in provincia di Torino.
Obiettivo: fare l’interprete volontaria nel cuore delle valli valdesi.
But first, context
Agape è un centro ecumenico gestito dalla chiesa valdese che va avanti grazie al lavoro dei volontari e dei gruppi di residenti, ovvero giovani che scelgono di passare lì uno o due anni, ricevendo un piccolo rimborso e lavorando alle varie attività del centro, dalle manutenzioni ai lavori di ufficio. È stato fondato nel secondo dopoguerra da un pastore valdese, che desiderava creare un punto di dialogo e riconciliazione fra culture e identità diverse.
Pur essendo nato in seno ad una comunità religiosa, l’atmosfera è spiccatamente laica e inclusiva. L’unico momento religioso è stato il culto di fine campo, un momento di raccoglimento al quale ho partecipato con piacere, proprio per la sua impostazione inclusiva e aperta.
L’interprete ad Agape: i campi internazionali
Il lavoro degli interpreti volontari è molto apprezzato ed è fondamentale per la riuscita dei campi estivi internazionali: tre settimane in cui confluiscono ad Agape persone da tutto il mondo, per discutere di genere, teologia, politica ed economia. I tre campi internazionali, Ultragender, Teologico, Oikonomia, si svolgono fra l’ultima settimana di luglio e le prime due di agosto.
Io ho partecipato al campo Ultragender, che ha la particolarità di essere un campolavoro, ciò significa che i partecipanti, oltre a prendere parte alle sessioni di discussione e ai laboratori, sono tenuti a lavorare per il centro: vengono divisi in squadre e si occupano della pulizia, delle manutenzioni, del bar e della cucina. Le sessioni si alternano quindi ai momenti di lavoro, durante i quali gli interpreti possono tranquillamente prendere il sole sui prati, oppure confrontarsi con gli oratori della sessione seguente per fare il punto sul loro intervento.
Lingue e modalità di interpretazione
Le lingue richieste sono sempre inglese e spagnolo, talvolta francese, più raramente tedesco. È tassativo avere il retour, e l’ho scoperto a mie spese.
Quando mi sono candidata, ho spiegato chiaramente che non avevo mai fatto simultanea attiva verso l’inglese, e sono stata tranquillizzata sul fatto che non sarebbe stato un problema, ma, durante il viaggio, io e le altre tre interpreti ci siamo trovate, casualmente, sullo stesso autobus: svelate le nostre combinazioni, abbiamo avuto subito chiaro che io (francese B, inglese C) e un’altra collega (tedesco B, inglese C) saremmo finite in cabina inglese, affinché le altre due ragazze, le sole con spagnolo, potessero appunto coprire la cabina spagnola. Questa decisione si è resa necessaria per poter garantire entrambe le cabine durante tutte le giornate di lavoro, rendendo le sessioni sempre fruibili per tutti i partecipanti, in tutte le lingue di lavoro: inglese, spagnolo e italiano.
Panico. Paura di non farcela e di fare una figuraccia perché se è vero che la tecnica della simultanea, a livello macroscopico, quella è e quella rimane, esistono tuttavia strategie e automatismi specifici che vanno “attivati” per ogni coppia di lingue e vengono costruiti nell’ambito della formazione specialistica.
Avventure simultanee e ragguagli tecnici
Date queste premesse, ti lascio immaginare con quale tranquillità ho acceso il microfono il primo giorno! Sorprendentemente, però, ne sono sempre uscita senza far danni: un bel respiro, décalage lungo, lavoro di squadra, keep it short and simple come mantra. Nessuno si è lamentato, anzi, ma di certo non lo rifarei in un contesto ufficiale, senza un’adeguata e approfondita preparazione (che, come tutti ben sappiamo, non potrà mai sostituire un poderoso colpo di fortuna. Come quel pomeriggio in cui, rincorrendo i botta e risposta di un’appassionante tavola rotonda, mi sono piombate in cuffia s’accabadorae il suo martello, e la mamma del sole. Per fortuna, ho letto abbastanza di Bianca Pitzorno e Michela Murgia da avere familiarità con queste leggende sarde!).
Si lavora effettivamente quattro giorni su sette: il giorno di arrivo e quello di partenza non prevedono sessioni, e solitamente a metà settimana è prevista una gita. Può capitare di interpretare di sera, ma è molto raro (a noi, ad esempio, non è successo, se non per brevi comunicazioni di servizio). Per la maggior parte del tempo si interpreta in simultanea, ma può capitare di fare qualche consecutiva, in base all’organizzazione dei lavori e alle esigenze del momento.
L’impianto non è nuovissimo: le cabine sono piccoline, di legno, con le sedie pieghevoli, e le consolle sono le stesse della SSLMIT di Trieste. L’ambiente è molto informale: tailleur e tacchi sono fuori contesto, meglio optare per jeans e felpe, anche perché a 1600 m fa freschino, soprattutto di sera. Vitto e alloggio sono offerti, così come quattro graditissime consumazioni di caffetteria al giorno. Il costo del viaggio viene rimborsato.
Vuoi diventare interprete volontario?
Fare la volontaria ad Agape fa per te se:
- Sei un tipo spartano. Io sono un topo di città, però sapevo che la sistemazione sarebbe stata stile ostello, e mi sono trovata bene (camere doppie/triple, bagni e docce in comune al piano, pasti tutti assieme in tavolate, ma con grande disponibilità riguardo intolleranze o regimi alimentari particolari);
- sei pronta a fare cose non previste e ad adattarti alle esigenze del momento: come ti dicevo, io ero in cabina inglese, le colleghe di spagnolo hanno fatto delle consecutive incrociate, una collega ha fatto da interprete inglese – spagnolo per due ragazzi che volevano conoscersi, ma non si capivano, durante la gita;
- sei socievole, empatica, e stai volentieri in compagnia di persone che vengono letteralmente dall’altro capo del mondo. Avrai la possibilità di conoscere i campisti e confrontarti spesso e volentieri con gli organizzatori, che faranno del loro meglio per venirti incontro e facilitarti il lavoro;
- sei interprete professionista, o almeno hai concluso il secondo anno di magistrale. Il lavoro e l’impegno richiesti sono a tutti gli effetti professionali, devi essere in grado di reggere i normali turni da 30-40 minuti per tutta la giornata.
Agape mi ha resa un’interprete migliore, più consapevole delle mie capacità e pronta a superare i miei limiti.
Se potrò, l’estate prossima tornerò ad Agape: non c’è niente di più bello che fare il lavoro che amo per dar voce a parole di inclusione, rispetto e amore per il prossimo.
E tu, sei pronta a passare una settimana in cabina nel verde delle Alpi?