Dopo aver parlato degli onorari in generale, vorrei concentrarmi su un altro aspetto molto importante: quello delle tariffe basse. Non c’è niente di più sbagliato di applicare tariffe basse perché non si ha esperienza o se ne ha poca. E sai perché? Perché quello che stai comunicando è che il tuo lavoro ha poco valore. È così che vuoi essere percepito dai tuoi clienti? È questo il tuo biglietto da visita? Non credo sia una buona mossa. Credo invece che per dimostrare la tua serietà e la tua professionalità, anche se sei all’inizio, sia indicato applicare tariffe in linea con i tuoi colleghi con più esperienza e investire una parte di quella tariffa che pensavi essere “alta” per te per fare rivedere il tuo lavoro da un collega specializzato: in questo modo non danneggerai la tua immagine né il mercato, darai lavoro a chi ti affiancherà in questo progetto che magari vorrà ricambiare in futuro, farai bella figura con il tuo cliente finale che riceverà un lavoro corretto e tu avrai la possibilità di imparare dai feedback del collega. Non ti sembra un sistema win-win?
Ad ogni modo, ricorda che è sempre meglio puntare alto e poi abbassare un po’ il tiro che fare il contrario: alzare un prezzo sarà pressoché impossibile, mentre se lo diminuirai, anche di poco, potresti giocarti una carta vincente.
Tariffe basse: quando accettarle
Ti ho appena detto “No alle tariffe basse”, ma secondo me ci sono alcune occasioni nelle quali può avere senso accettarle. Ad esempio, se un cliente (diretto o agenzia) ti insegna qualcosa di nuovo e quello che svolgi è una sorta di tirocinio: in questo caso le tariffe basse sono giustificate dal tempo impiegato dal committente a formarti. Stessa cosa se il cliente finale fornisce feedback e fa revisioni interne: anche queste sono occasioni in cui puoi imparare tanto e perfezionarti. Oppure ancora nel caso in cui chi ha bisogno dei tuoi servizi diventi una presenza affezionata e ti commissioni una mole di lavoro considerevole o un progetto consistente: anche in questo caso abbassare un po’ il proprio onorario o fare un piccolo sconto come ringraziamento per la fiducia può avere senso. Attenzione però a non scendere mai sotto al tuo minimo sindacale e a non utilizzare questa tecnica al primo incarico: per “clienti affezionati” intendo quelli con i quali la collaborazione è di lunga data e che mandano lavoro regolarmente. Non i nuovi che si presentano con la richiesta di uno sconto (ecco, a questi andrebbe applicato un sovrapprezzo secondo me, ma è un’altra storia).
Un altro caso in cui potrebbero essere giustificate tariffe “basse” è quello in cui ti viene affidato un progetto di conosci bene l’argomento e quindi non hai bisogno di fare tante ricerche terminologiche, oppure un lavoro che puoi in parte automatizzare, ad esempio un testo molto tecnico e ripetitivo per il quale puoi utilizzare un CAT, diminuendo drasticamente il tempo che impieghi a tradurlo e aumentando la tua produttività.
Yes, you can
Ottenere buone tariffe (per le traduzioni >0,15€/parola, per gli interpretariati >100 €/h) non è impossibile, ma come in tutte le cose bisogna lavorare sodo. In primo luogo sulle proprie competenze: tariffe alte devono essere supportate da un altrettanto elevato livello di preparazione. In più bisogna studiare quali sono i mercati e i clienti più predisposti a vedere nel prezzo non solo un costo, ma un valore aggiunto: sarà più facile trovare un cliente diretto che accetta una tariffa alta rispetto ad un’agenzia, perché quest’ultima è un’azienda che deve mantenere bassi i propri costi per poter avere guadagni più alti. Bisogna fare tentavi, sbagliare, capire come migliorare e aggiustare la rotta: tutti abbiamo sparato troppo in alto perdendo un cliente con il quale desideravamo lavorare, oppure troppo in basso e ci siamo accorti che da quell’incarico non abbiamo tratto vantaggio.
E poi, se decidi di applicare un onorario ritenuto alto, devi accettare che in molti ti diranno di no e quindi, probabilmente lavorerai meno, ma questo non significa necessariamente anche guadagnare meno, anzi: ridurre i tempi di lavoro ma ricavarne un maggiore gruzzolo di soldi dovrebbe essere il sogno di tutti. E se anche il minor impegno lavorativo corrispondesse a un fatturato inferiore, anche in questo caso ne varrebbe la pena: avrai più tempo libero e non avrai svalutato il tuo lavoro, te stesso, la tua categoria.
I conti della serva
Se con le mie sbrodolate di parole non ti ho convinto, lascio parlare i numeri.
Mettiamo che tu decida di applicare la tariffa (da morte) di 0,05 €/parola per un progetto di traduzione e che tu riesca a tradurre 1.000 parole al giorno –che in certi casi, contando le ricerche terminologiche e bibliografiche, sono davvero tantissime –, significa che guadagni 50 € al giorno; mettiamo che tu abbia lavorato 8 ore, avrai guadagnato 6,25 € all’ora. Lordi eh, cioè a questi soldi dovrai togliere le tasse, diciamo una media del 40 %, il che ti fa restare in tasca la bellezza di 3,75 € all’ora. 3,75 € per 8 ore al giorno fa 30 € al giorno, per 5 giorni di lavoro a settimana (sono ottimista, perché poi c’è sempre l’imprevisto dietro l’angolo) fa 150 € a settimana, per 4 settimane fa 600 € al mese. Sono convinta che possiamo fare di meglio e che ci meritiamo di più, non credi?
Facciamo un altro esempio. Mettiamo che tu decida di applicare la tariffa (da morte) di 350 € per una giornata da 7 ore di interpretariato: può sembrare un buon affare, visto che guadagni 50 € orari –anche se ci sono molti professionisti che si fanno pagare almeno il doppio o il triplo–, ma lo sappiamo bene, tu ed io, che non hai lavorato solo quelle 7 ore: ti sarai preparata a casa facendo ricerche terminologiche ed esercizi, almeno un’altra giornata di lavoro? Quindi quelli che sembravano 50 € orari, si dimezzano a 25 € e anche qui sono lordi, quindi togliendo le tasse diventano più o meno 15. Davvero pensi che questo sia il valore del tuo lavoro?
Ricordati che il fatto che applichi tariffe basse –sotto la media, da fame– non è solo affare tuo, ma di tutta la categoria che rappresenti quando ti proponi come professionista: con questa pratica alimenterai nel cliente l’idea che il tuo lavoro, costando poco, ha anche poco valore, e se ne ricorderà anche quando si rivolgerà ad altre colleghe.
Con questo articolo non voglio salire in cattedra e insegnare niente a nessuno, ma vorrei portare te, come professionista degna di questo nome, a riflettere prima di proporre o accettare certe tariffe. Spero di averti dato spunti utili per fare un po’ di conti della serva e valutare se il tuo onorario è davvero commisurato al tuo valore e ti rispecchia. E se hai un punto di vista da condividere, anche –e soprattutto se– diverso dal mio, sarò felice di leggerti.
Herrare humanum est, perseverare autem diabolicum.